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Relational Design Alumni – Alessandro Carlaccini

Alessandro Carlaccini è community manager a IdLab.

Sono a IdLab da marzo e sto seguendo i social e la community di Campus Party Italia: mi occupo della produzione e gestione dei contenuti nei diversi canali del progetto. Si tratta di raccontare un festival di innovazione e tecnologia realizzato in diverse location nel mondo, che si farà tappa per la prima volta in Italia dal 19 al 24 luglio 2016,  a Bergamo.
Stiamo costruendo ed animando la community italiana attraverso lo storytelling delle passate edizioni nel mondo e la condivisione di materiali originali, cercando di mettere in rete le realtà più interessanti in questo settore.

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Alessandro Carlaccini – Tanti stimoli da molte fonti diverse

Quinta intervista agli studenti della seconda edizione di Relational Design. Oggi scopriamo di più su Alessandro Carlaccini.

Ci racconti chi sei, di che cosa ti occupi? Qual è il tuo background?
Abito a Narni, in Umbria, e mi occupo di comunicazione e partecipazione in progetti legati alla cultura, al sociale e al commercio equo solidale. Ho attraversato diversi ambiti: progettazione culturale, produzione artistica, grafica, attività educative, performing art. Ho studiato Comunicazione a Roma e Perugia, Rappresentazione Audiovisiva Multimediale e Progettazione Culturale a Torino. Lavoro con associazioni e piccole realtà indipendenti.
Il progetto che mi appassiona di più tra quelli che seguo è www.iappa.it, una piattaforma di crowdlearning attraverso la quale chiunque può insegnare ed apprendere.
Sono un ottimista cronico, mi piace pensare che il cambiamento reale sia possibile. Cerco di progettare un mondo migliore giorno dopo giorno. 
Può sembrare idealistico, ma sono Capricorno: una persona concreta.

Cosa ti è piaciuto di più del Master?
Il movimento, gli stimoli multiformi, le persone. Per movimento intendo la dinamicità sia fisica che intellettuale: ci si sposta ogni mese, si conoscono realtà diverse, si affrontano materie “mobili” in continuo mutamento.
Gli stimoli  sono tanti e arrivano da molte fonti diverse: dai docenti, dagli incontri, dalla piattaforma online.
Le persone: gli insegnanti, l’organizzazione, i colleghi: universi bellissimi, aperti, pieni di colori e forme strane.

Perché iscriversi al master Relational Design?
Per avere la possibilità di confrontarsi con docenti e professionisti di alto livello.
Per ampliare lo sguardo.
Per mettersi in discussione.
Per sperimentare la collaborazione e raccogliere strumenti di progettazione innovativi.

Per me il Master Relational Design è….
E’ circa un anno che voglio rispondere a questa domanda, mi preparo, ma non sono mai pronto.
Forse Relational Design è proprio questo: prepararsi, cercare una definizione, aggiustare il tiro, reagire agli stimoli, ricercare in profondità, provare diversi punti di vista, essere pronti alla ridefinizione, al cambiamento.

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Matera Wonder Light – Quello che resta di un gioco: i nodi, le reti, i legami

Il Matera Design Weekend che si è appena concluso è stato una festa bellissima a cui abbiamo preso parte anche giocando.

Ecco il racconto di questa esperienza nelle parole di Valentina Novembre:

Un sabato di Dicembre, una serata fredda, Matera e il design weekend. Un’idea, un esperimento, 100 maschere e un gioco. 
Entriamo in un locale super affollato da umanità varia: giovanissimi, giovani e diversamente giovani che bevono, ballano, sudano.
 Al centro della sala un tavolo tutto per noi, Ale tira fuori dalla sua valigetta da medico della mutua maschere e colori, io dalla mia shopper di tela una locandina e delle forbici.

Mettiamo al centro di quel contesto degli elementi di rottura.
 Che ci fanno carta, colori e forbici tra Moscow Mule, tacchi e brillantina (scusate il tocco vintage)?

Noi siamo lì per Matera Wonder Light, il party del Matera Design Weekend.
Un gioco che prevede dei passaggi ben definiti:

– prendi una maschera
 – fatti un selfie e ricorda il nome della tua maschera (#lunanera1) e #wonderlightmatera 
- vuoi trovare amici luminosi? fatti un giro su Instagram e cerca #wonderlightmatera 
- c’è qualcuno che ti interessa? qualcuno con cui vuoi giocare? commenta il suo selfie con l’hashtag della tua maschera e se lui risponde “Wonder” è fatta, potete incontrarvi.

La gente incuriosita inizia ad avvicinarsi, il primo ragazzo timidamente inizia a colorare una maschera.
 La gente va e viene, prende una maschera e la posa, si scatta una foto, chiama gli amici. 
Quel tavolo al centro del locale inizia a essere centro di relazioni, incontri, scambi di battute tra gente sconosciuta e iniziano i selfie di gruppo con gente che non si è mai vista prima. 
Al tavolo si siede un bambino e Stefano Mirti, uno colora una maschera, l’altro inizia a disegnare.
 Intorno l’umanità varia continua a muoversi.
 Mi estraneo un attimo e guardo dall’alto quello che sta avvenendo intorno a quel tavolo. Intorno a quel tavolo si parla, si ride, ci si guarda, ci si incontra. Intorno a quel tavolo si colora, si disegna. Intorno a quel tavolo si creano delle relazioni. 
Le maschere diventano fili sottili che connettono, che avvicinano, che annullano distanze.
 Instagram piano piano inizia a riempirsi di maschere, timidamente.
 Non si innesca il gioco “dating online” ma poco importa perché la maschera diventa elemento fisico per conoscersi, non serve mediazione del mezzo in questo caso. 
Instagram, invece, diventa spazio accogliente per testimoniare il momento e per affermare la presenza: “ci sono anche io, sto giocando con voi, mi sto divertendo, voglio dirlo a tutti”.
 Anche chi non è a Matera è intorno a quel tavolo perché la maschera è filo sottile ma lunghissimo, la rete è fatta di connessioni che magicamente si compongono.

Io e Alessandro siamo stati chiamati a mettere su un gioco carino per un party, partendo da un’intuizione avuta da Ale. 
Per noi questo gioco è stata l’occasione per osservare le dinamiche che possono svilupparsi in un contesto relazionale ampio e variegato e capire in che modo le interazioni tra le persone si sviluppano.
 Ci siamo posizionati in uno spazio fisico per spostarci in uno spazio online, abbiamo utilizzato degli espedienti per agganciare chi ci girava intorno, abbiamo dato delle regole per capire quanto abbiamo voglia di seguirle e quanto invece è meglio affidarsi alla spontaneità, abbiamo dato uno scopo al gioco (incontrare altre persone) per osservare che molto spesso anche non avere uno scopo può essere interessante.

Un giochino carino in un locale a Matera ci ha portato a farci tante domande e a darci qualche prima risposta.