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La nightlife nell’era digitale: il workshop di Folk Design da ZERO Milano

Giorni intensi quelli milanesi. E grigi.
Nel pieno dello stereotipo, ma in mezzo molto altro.

Vivo a Milano già da un po’ e per quanto mi riguarda Fondazione Prada delimita con il suo ruolo di “colonne d’Ercole” il fronte sud della città. Invece no, esiste tutto un mondo – a quanto pare – oltre quella barriera e in questo oltre c’è anche via Bernardo Quaranta dove al civico 40 si trova la redazione di ZERO, magazine di eventi e lifestyle che ci ospita per il workshop di Folk Design.

Le premesse però risalgono a qualche settimana prima, quando Alessandro Busseni, il nostro docente, nonché Art Director di ZERO, introduce il corso e il primo dei tre brief che andranno a completare il modulo.

Il tema d’indagine su cui i nostri sforzi si sono concentrati non è stato quello di santi e madonne, come il nome folk potrebbe far supporre: era inerente a un’adorazione diversa, più libertina ma non meno devota. Abbiamo infatti esplorato usi, costumi e tradizioni della comunità che vive attivamente le notti della città italiane.

CENTO – eroi del lunedì

Se i primi due brief volevano puntare l’attenzione su una fetta ampia di azioni e personaggi che gravitano intorno a questo mondo, una volta insieme davanti ad un tavolo e sotto le luci al neon abbiamo stretto il cerchio cercando di progettare un servizio che facilitasse e spiegasse la vita notturna di Milano.

Una parte importante del lavoro è stata anche capire chi fosse ZERO, cosa ha rappresentato per molto tempo e in cosa si sta trasformando con l’arrivo del digitale. Un’evoluzione che ha in qualche modo influito in ciascuno dei tre progetti presentati l’ultimo giorno. Ogni gruppo ha cercato infatti di capire quali fossero le esigenze e i problemi che riguardano la comunità ultra-tecnologizzata della notte.

La risposta si è concretizzata sotto forma di due applicazioni in grado di fornire assistenza o compagnia per la propria serata, post serata e prima mattinata; mentre il terzo gruppo ha analizzato la relazione tra un programma di eventi notturni e la comunicazione di questi sui social media.

Cento 02

E dopo aver ricevuto ognuno in regalo un DVD contenente lezioni di ballo latino americano – perché la danza è requisito fondamentale per il popolo della notte – si è concluso questo workshop, che poi è anche il mio ultimo workshop.

Concludo così, con l’augurio di una festa infinita e una citatazione per chi sa quanto è vero che:

«Anche oggi, si dorme domani»

Bruna Crapazano

CENTO instagram CENTO è un progetto a cura di Anna Amalfi, Bruna Crapanzano e Chiara Cameroni.

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Raccontare con le immagini: il workshop di Visual Storytelling ad Amsterdam

Questa volta il viaggio è cominciato in 3. Siamo io e due compagne di corso. Per l’ultima tappa insieme ci siamo ritrovate e concesse più tempo arrivando a destinazione il giorno prima. La meta: Amsterdam, Paesi Bassi.

Visito Amsterdam per la terza volta e non mi dispiace. La sua architettura e i canali mi impongono tranquillità, il freddo mi tiene sveglia, ho segnato i musei che non ho ancora visto e sul divertimento, anche per i meno impavidi come me, si trova sempre qualcosa.

È domenica, per la prima volta trovo un espresso decente fuori dallo stivale e questo influisce positivamente sul mio umore per cui comincio a fare conoscenza con i nuovi arrivati del gruppo. Siamo già a nostro agio tra le pareti di Wecanbeheroes, ci sediamo su un grande divano e si attacca con le domande di rito “Da dove vieni?”, “Cosa fai?” etc.

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Veniamo interrotti solo dall’arrivo di Pierluigi e Mariek, rispettivamente il nostro docente del modulo di Visual Storytelling e la Managing Director di Wecanbeheroes.

Una breve introduzione comune fa da apripista per l’inizio del workshop, poi Mariek ci racconta chi è lei, cosa fa Wecanbeheroes, con chi lavora e cosa vorrebbe da noi. Tante informazioni per cui il primo pomeriggio lo passiamo a rielaborare dati tra brief e schemi e parole.

Il giorno successivo ci dividiamo in tre macro-gruppi per affrontare il lavoro da prospettive diverse da connettere nella fase finale in un unico grande progetto: l’obiettivo è riassumere e spiegare “Cos’è Wecanbeheroes” attraverso l’utilizzo di immagini in movimento.

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È stato complicato, è stato impegnativo, ci abbiamo messo quattro giorni, abbiamo consumato un numero variabile tra i 100 e 900 post-it ma non ci sono stati feriti e il risultato ha egregiamente soddisfatto le nostre aspettative e quelle di chi ci ha accolto.

Ripartiamo, prima però un’ultima serata tutti insieme con i saluti e gli arrivederci; poi via a prendere voli che atterreranno sparsi qua e là.

Bruna Crapanzano

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via GIPHY

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Workshop Future Domesticity: progettando il futuro a Casa Jasmina

A Torino ci sono state diverse volte. Mi piace tornare.
Il mio treno è in ritardo, mi lascio guidare da Google Maps, Via Egeo 16. Arrivo.

Alessandro Squatrito è intento a introdurre il corso di Future Domesticity e tutto il mondo che ruota intorno a Casa Jasmina. 
Mi siedo intorno al nostro tavolo incrocio sguardi nuovi: al modulo parteciperanno anche persone esterne al master. Sono in tre, due ragazze e un ragazzo.

Essere introdotti all’IoT è come mettere un piede, una gamba e perfino un braccio nel futuro. Ho scoperto che esistono oggetti utili che ci permettono di fare cose che non pensavamo possibili, che ci fanno abitare in modo nuovo le nostre case e che stanno cambiando la nostra società; esistono poi oggetti più inutili ma comunque divertenti, sperimentazioni, giochi e voli pindarici che non muteranno intrinsecamente il mondo ma lo rendono un posto migliore.

Si parte con il brief, che potremmo riassumere in una domanda:
cosa succederebbe se gli oggetti utilizzassero i social network?

Si discute, si riempiono pareti di post-it per brainstorming colorati, si provano nuovi metodi di prototipazione tramite giochi di carte (grazie Alessandro per la felice scoperta!) ci si sfida, ci si fida e si costruiscono storie pezzo dopo pezzo.

Quello dell’IoT è un mondo immateriale, che si muove nel campo delle infinite possibilità di rappresentazione appunto perché non ne ha.
Insomma come si rappresenta qualcosa che non è?

Le soluzioni sono arrivate da qualche luogo recondito delle nostre teste, da pensieri strani e contorti che sono diventati linee ed immagini e parole messe insieme.
Sono venuti fuori questi due progetti un po’ strambi, case che come l’acqua prendono la forma che gli viene data, con tanto di personalità multipla e oggetti/soggetti che si perdono, si cercano e rinascono.

Abbiamo parlato di cose, di case, di funzioni e pensieri ma soprattutto abbiamo parlato di metafore che poi sono le nostre storie camuffate.

casa-jasmina-bruna-crapanzanoBruna Crapanzano

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Discovering La Rambla: il workshop di Code & Creativity a Barcellona

Arrivo a Barcellona alle 18.00 insieme ad Adele, una delle mie nuove conoscenze del Master Relational Design, lasciamo le nostre cose nella casa al Raval su Airbnb e corriamo a spuntare i nomi sulla lista delle cose da vedere.

In giro sento parlare più inglese che spagnolo, la Rambla è il centro pulsante della città, venditori ambulanti, turisti, passeggiatori compulsivi, consumatori di cartoline, mezzi di trasporto, negozi, ristoranti, sembra che tutto quello che succede nella città cominci da qui.

Camminiamo fino a sera: Sagrada Familia, Barri Gòtic, Macba e  il lungomare.

La sveglia al mattino non è un problema, ci dirigiamo al Museo Maritmo di Barcellona, e lì che terremo le nostre lezioni. Lì incontriamo il resto del gruppo. Siamo solo in 5 questa volta, tutte ragazze, ci aggiorniamo sulle ultime settimane. Marcel Bilurbina, il nostro insegnante ci riconosce e ci invita ad entrare.
Così comincia la nostra iniziazione al Code and Creativity.

Sono giorni pieni di formule matematiche, algebra e funzioni. Per noi è la prima volta, ogni puntino in movimento sul nostro schermo diventa un piccolo, grande successo personale. Riuscire a creare qualcosa che si era immaginato nella propria testa per quanto semplice, da sempre dolci soddisfazioni.

Dopo aver conosciuto l’associazione Gli Amici della Rambla, il secondo giorno ci dedichiamo all’analisi di ciò che la caratterizza.

Il terzo e ultimo giorno Marcel paziente si occupa di noi e dei nostri progetti, spiega alcuni ultimi concetti basilari e si complimenta per la nostra tenacia.

Noi proviamo a ricreare flussi e figure geometriche cercando il modo di raccontare l’energia di Barcellona.

Breve, impegnativo, intenso ma la cosa che ho pensato mentre prendevo un autobus alle sei del mattino che mi portava in aeroporto è stata: mai pensare che non si sappia fare qualcosa prima di essersi messi alla prova!

Il risultato? Aspettiamo ancora il responso di Marcel!