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Valentina Novembre – Un nuovo approccio con al centro uno sguardo ampio sulle cose

Nuova intervista agli studenti di Relational Design. Chiude il ciclo della seconda edizione Valentina Novembre.

Ci racconti chi sei, di che cosa ti occupi? Qual è il tuo background?
Sono una timida che ha deciso di fare della comunicazione e delle relazioni con gli altri il proprio lavoro.
Laureata in Scienze della Comunicazione, dal 2005 mi occupo di comunicazione d’impresa. Mi muovo tra parole, persone e progetti. Amo raccontare storie, giocare con le parole, fare rete in Rete, costruire ponti e migliorare i flussi.
Preferisco scrivere e non parlare, viaggiare e non stare ferma, sperimentare e non accettare le cose così come sono.
“Perché?” e “Perché no?” sono le domande che mi guidano.
Attualmente lavoro da Spinn – Social People Innovation, agenzia che si occupa di comunicazione digitale, che ho fondato a giugno insieme a due colleghi.

Dopo i 10 moduli/esperienze progettuali del master, qual è la tua definizione di design delle relazioni?
Per me il Relational Design è un nuovo approccio al progetto che mette al centro uno sguardo ampio sulle cose, le relazioni e le interazioni tra persone, metodi e strumenti.

Perché iscriversi al master Relational Design?
Per continuare a porsi domande e a cercare risposte sempre nuove.
Questo Master è la scelta ideale per chi vuole migliorare le proprie capacità relazionali, per chi vuole mettersi alla prova su progetti diversi e per chi non si accontenta di quello che vede ma vuole andare sempre in profondità.

Per me il Master Relational Design è….
Il master è una domanda, continua e incessante.
Un viaggio bellissimo in giro per l’Italia e in se stessi che ti mette alla prova, ti fa guardare le cose con un occhio diverso e ti offre la possibilità di concentrarsi sul senso e sulla visione.

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Matera Wonder Light – Quello che resta di un gioco: i nodi, le reti, i legami

Il Matera Design Weekend che si è appena concluso è stato una festa bellissima a cui abbiamo preso parte anche giocando.

Ecco il racconto di questa esperienza nelle parole di Valentina Novembre:

Un sabato di Dicembre, una serata fredda, Matera e il design weekend. Un’idea, un esperimento, 100 maschere e un gioco. 
Entriamo in un locale super affollato da umanità varia: giovanissimi, giovani e diversamente giovani che bevono, ballano, sudano.
 Al centro della sala un tavolo tutto per noi, Ale tira fuori dalla sua valigetta da medico della mutua maschere e colori, io dalla mia shopper di tela una locandina e delle forbici.

Mettiamo al centro di quel contesto degli elementi di rottura.
 Che ci fanno carta, colori e forbici tra Moscow Mule, tacchi e brillantina (scusate il tocco vintage)?

Noi siamo lì per Matera Wonder Light, il party del Matera Design Weekend.
Un gioco che prevede dei passaggi ben definiti:

– prendi una maschera
 – fatti un selfie e ricorda il nome della tua maschera (#lunanera1) e #wonderlightmatera 
- vuoi trovare amici luminosi? fatti un giro su Instagram e cerca #wonderlightmatera 
- c’è qualcuno che ti interessa? qualcuno con cui vuoi giocare? commenta il suo selfie con l’hashtag della tua maschera e se lui risponde “Wonder” è fatta, potete incontrarvi.

La gente incuriosita inizia ad avvicinarsi, il primo ragazzo timidamente inizia a colorare una maschera.
 La gente va e viene, prende una maschera e la posa, si scatta una foto, chiama gli amici. 
Quel tavolo al centro del locale inizia a essere centro di relazioni, incontri, scambi di battute tra gente sconosciuta e iniziano i selfie di gruppo con gente che non si è mai vista prima. 
Al tavolo si siede un bambino e Stefano Mirti, uno colora una maschera, l’altro inizia a disegnare.
 Intorno l’umanità varia continua a muoversi.
 Mi estraneo un attimo e guardo dall’alto quello che sta avvenendo intorno a quel tavolo. Intorno a quel tavolo si parla, si ride, ci si guarda, ci si incontra. Intorno a quel tavolo si colora, si disegna. Intorno a quel tavolo si creano delle relazioni. 
Le maschere diventano fili sottili che connettono, che avvicinano, che annullano distanze.
 Instagram piano piano inizia a riempirsi di maschere, timidamente.
 Non si innesca il gioco “dating online” ma poco importa perché la maschera diventa elemento fisico per conoscersi, non serve mediazione del mezzo in questo caso. 
Instagram, invece, diventa spazio accogliente per testimoniare il momento e per affermare la presenza: “ci sono anche io, sto giocando con voi, mi sto divertendo, voglio dirlo a tutti”.
 Anche chi non è a Matera è intorno a quel tavolo perché la maschera è filo sottile ma lunghissimo, la rete è fatta di connessioni che magicamente si compongono.

Io e Alessandro siamo stati chiamati a mettere su un gioco carino per un party, partendo da un’intuizione avuta da Ale. 
Per noi questo gioco è stata l’occasione per osservare le dinamiche che possono svilupparsi in un contesto relazionale ampio e variegato e capire in che modo le interazioni tra le persone si sviluppano.
 Ci siamo posizionati in uno spazio fisico per spostarci in uno spazio online, abbiamo utilizzato degli espedienti per agganciare chi ci girava intorno, abbiamo dato delle regole per capire quanto abbiamo voglia di seguirle e quanto invece è meglio affidarsi alla spontaneità, abbiamo dato uno scopo al gioco (incontrare altre persone) per osservare che molto spesso anche non avere uno scopo può essere interessante.

Un giochino carino in un locale a Matera ci ha portato a farci tante domande e a darci qualche prima risposta.